In occasione del recente incontro stampa alla Cineteca Milano Arlecchino, ho avuto il privilegio di conversare con il regista del celebre film che ha fatto discutere più gli architetti che la critica.
Personalmente anche io sono molto diviso nel giudizio di questo film, ci sono cose che mi sono piaciute molto e altre che mi hanno dato fastidio, fino al finale che ho trovato dissonante e non non trovato comprensibile la scelta di usare la stessa attrice per interpretare due ruoli.
Ora, a proposito di film sugli architetti, voglio recuperare Il ventre dell'architetto di Peter Greenaway, dopo aver visto un altro suo film molto bello (e grottesco) chiamato Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante. Lo consiglio anche per le scenografie e la fotografia.
Ciao Yuri, grazie per il tuo commento e per aver letto l’intervista. Condivido pienamente la tua opinione: momenti riusciti e altri che stridono/infastidiscono (in particolare il finale, sia per il messaggio sia per il contesto). Riguardo ai film che citi, concordo sul recuperare Il ventre dell’architetto di Greenaway (che ho visto moltissimi anni fa), mentre credo mi manchi Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, sempre dello stesso regista.
Commento di Sara (ho cancellato per errore e me ne scuso moltissimo!!!).
"Mi sono imbattuta ora in questo articolo e con piacere noto che questo film ha suscitato parerei contrastanti non soltanto a me. L’ho trovato magnifico a livello interpretativo (amo Adrien Brody) e a livello scenografico per le incredibili riprese alle Cave di Carrara, l’apertura dell’inquadratura sullo studio/biblioteca da lui progettato…quasi volesse aprire una rappresentazione teatrale. Lo trovo invece, d’altro canto, totalmente decontestualizzato e storicamente sbagliato; Il protagonista Laszlo Toth che non è mai esistito vuole forse ricordare un po' Laszlo Moholy Nagy, un po' Bruno Taut? Però realizza poltrone con tubi di acciaio e cuoio con cuciture a vista come Marcel Breuer. La moglie fa la scrittrice per un giornale di New York... ma si sono terribilmente confusi con la moglie di Walter Gropius. Raggiunge il cugino a New York dopo la guerra...un po' come Bruno Taut raggiunge il fratello Max. Gli viene poi commissionato un lavoro, in un modo totalmente romanzato, e lui se ne esce con una brutta copia della Chiesa della Luce di Tadao Ando. Dimenticandosi che venne costruita molto dopo, dal 1987 al 1989.... Mentre qui siamo negli anni 50 e questo non doveva essere il sequel di Ritorno al Futuro. La parte più romantica, qui totalmente sottovalutata dell'arrivo della scuola del Bauhaus in America è quella in cui, in un qualche modo, tutti i suoi componenti di spicco si separano a causa della guerra affidando tutte le loro speranze al “sogno americano” e negli anni successivi riuscirono a insediare proprio lì la medesima corrente di pensiero. Parliamo quindi di un gruppo, non di un genio incompreso contro tutti. L'Architettura Moderna, o anti borghese, arrivò quindi in America tramite le stesse menti creative che l'avevano avviata in Europa molti anni prima... incontrando più o meno le stesse difficoltà li incontrate tra gli anni '20 e '30, con l'opposizione e la rivalità dei secessionisti della Scuola Viennese. Il protagonista quindi non ha una identità precisa... Fa uso di eroina in maniera contraddittoria... al punto che un minuto prima ti domandi se accidentalmente hai avviato per l'ennesima volta Requiem for a Dream e un minuto dopo ti fai la stessa domanda, ma chiedendoti se il film in questione è Little Girl Blue. La verità è che abbiamo finito di romanzare la moda e abbiamo iniziato a romanzare l'architettura?"
Mia risposta:
Cara Sara, ti ringrazio molto per aver letto l’intervista e per il tuo commento così articolato, che condivido in larga parte e apprezzo davvero. Riflettendoci a lungo - anche alla luce di mie esperienze personali nell’ambito della scrittura narrativa - credo che la storia serva qui unicamente come fonte di ispirazione. Il film, dopotutto, non è una biografia, e non me la sento di condannare il regista per aver scelto di romanzare un po' e far somigliare il protagonista a figure come Taut, Breuer o altri. L’intento, a mio avviso, è proprio quello di renderlo credibile attraverso tratti ed esperienze di architetti realmente esistiti (riferimenti che, probabilmente, solo chi appartiene al nostro campo è in grado di cogliere a pieno). Che sia riuscito o meno nell’impresa non saprei dire, certo è che il film ha avuto un buon successo. Personalmente ho amato alcune scene (le stesse che citi) e l’interpretazione di Brody (Oscar meritatissimo), mentre ho faticato a digerirne altre. Un errore, fra i tanti, è stato a mio parere quello di provare a replicare un evento realmente avvenuto, come la prima Biennale, pur sapendo che l’opera del protagonista non avrebbe mai potuto trovare spazio nella cornice postmoderna.
Grazie per la tua risposta, che per altro è stata un ulteriore spunto di riflessione relativamente a questo tema.
In modo particolare mi sono resa conto di aver sviluppato il precedente pensiero proprio nel momento in cui il film ha replicato la prima Biennale di Architettura… perché e proprio in quel momento che mi sono chiesta, se mi riportano “romanzato” un fatto realmente accaduto ecco che tutti i vari riferimenti colti durante il film hanno un filo conduttore.
Senza dubbio non è da condannare il regista che ha reso tangibile quello che solo occhi più esperti possono cogliere fino infondo, per tutti gli altri è solo una bella storia.
Diciamo che nel suo aver realizzato un unico e gran bel film è come se fosse riuscito a realizzarne due; uno per un occhio più “commerciale” e uno per un occhio più esperto. Quantomeno da parte nostra il privilegio è averli visti entrambi.
Personalmente anche io sono molto diviso nel giudizio di questo film, ci sono cose che mi sono piaciute molto e altre che mi hanno dato fastidio, fino al finale che ho trovato dissonante e non non trovato comprensibile la scelta di usare la stessa attrice per interpretare due ruoli.
Ora, a proposito di film sugli architetti, voglio recuperare Il ventre dell'architetto di Peter Greenaway, dopo aver visto un altro suo film molto bello (e grottesco) chiamato Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante. Lo consiglio anche per le scenografie e la fotografia.
Ciaooo
Yuri
Ciao Yuri, grazie per il tuo commento e per aver letto l’intervista. Condivido pienamente la tua opinione: momenti riusciti e altri che stridono/infastidiscono (in particolare il finale, sia per il messaggio sia per il contesto). Riguardo ai film che citi, concordo sul recuperare Il ventre dell’architetto di Greenaway (che ho visto moltissimi anni fa), mentre credo mi manchi Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, sempre dello stesso regista.
Grazie ancora per i preziosi consigli!
Figurati, per il resto spero che vada tutto bene. E' da molto che non ci si sente. Ciaoo
Tutto bene, dai … Non mi lamento! E tu? Un caro saluto!!
Commento di Sara (ho cancellato per errore e me ne scuso moltissimo!!!).
"Mi sono imbattuta ora in questo articolo e con piacere noto che questo film ha suscitato parerei contrastanti non soltanto a me. L’ho trovato magnifico a livello interpretativo (amo Adrien Brody) e a livello scenografico per le incredibili riprese alle Cave di Carrara, l’apertura dell’inquadratura sullo studio/biblioteca da lui progettato…quasi volesse aprire una rappresentazione teatrale. Lo trovo invece, d’altro canto, totalmente decontestualizzato e storicamente sbagliato; Il protagonista Laszlo Toth che non è mai esistito vuole forse ricordare un po' Laszlo Moholy Nagy, un po' Bruno Taut? Però realizza poltrone con tubi di acciaio e cuoio con cuciture a vista come Marcel Breuer. La moglie fa la scrittrice per un giornale di New York... ma si sono terribilmente confusi con la moglie di Walter Gropius. Raggiunge il cugino a New York dopo la guerra...un po' come Bruno Taut raggiunge il fratello Max. Gli viene poi commissionato un lavoro, in un modo totalmente romanzato, e lui se ne esce con una brutta copia della Chiesa della Luce di Tadao Ando. Dimenticandosi che venne costruita molto dopo, dal 1987 al 1989.... Mentre qui siamo negli anni 50 e questo non doveva essere il sequel di Ritorno al Futuro. La parte più romantica, qui totalmente sottovalutata dell'arrivo della scuola del Bauhaus in America è quella in cui, in un qualche modo, tutti i suoi componenti di spicco si separano a causa della guerra affidando tutte le loro speranze al “sogno americano” e negli anni successivi riuscirono a insediare proprio lì la medesima corrente di pensiero. Parliamo quindi di un gruppo, non di un genio incompreso contro tutti. L'Architettura Moderna, o anti borghese, arrivò quindi in America tramite le stesse menti creative che l'avevano avviata in Europa molti anni prima... incontrando più o meno le stesse difficoltà li incontrate tra gli anni '20 e '30, con l'opposizione e la rivalità dei secessionisti della Scuola Viennese. Il protagonista quindi non ha una identità precisa... Fa uso di eroina in maniera contraddittoria... al punto che un minuto prima ti domandi se accidentalmente hai avviato per l'ennesima volta Requiem for a Dream e un minuto dopo ti fai la stessa domanda, ma chiedendoti se il film in questione è Little Girl Blue. La verità è che abbiamo finito di romanzare la moda e abbiamo iniziato a romanzare l'architettura?"
Mia risposta:
Cara Sara, ti ringrazio molto per aver letto l’intervista e per il tuo commento così articolato, che condivido in larga parte e apprezzo davvero. Riflettendoci a lungo - anche alla luce di mie esperienze personali nell’ambito della scrittura narrativa - credo che la storia serva qui unicamente come fonte di ispirazione. Il film, dopotutto, non è una biografia, e non me la sento di condannare il regista per aver scelto di romanzare un po' e far somigliare il protagonista a figure come Taut, Breuer o altri. L’intento, a mio avviso, è proprio quello di renderlo credibile attraverso tratti ed esperienze di architetti realmente esistiti (riferimenti che, probabilmente, solo chi appartiene al nostro campo è in grado di cogliere a pieno). Che sia riuscito o meno nell’impresa non saprei dire, certo è che il film ha avuto un buon successo. Personalmente ho amato alcune scene (le stesse che citi) e l’interpretazione di Brody (Oscar meritatissimo), mentre ho faticato a digerirne altre. Un errore, fra i tanti, è stato a mio parere quello di provare a replicare un evento realmente avvenuto, come la prima Biennale, pur sapendo che l’opera del protagonista non avrebbe mai potuto trovare spazio nella cornice postmoderna.
Ciao Maria Chiara,
Grazie per la tua risposta, che per altro è stata un ulteriore spunto di riflessione relativamente a questo tema.
In modo particolare mi sono resa conto di aver sviluppato il precedente pensiero proprio nel momento in cui il film ha replicato la prima Biennale di Architettura… perché e proprio in quel momento che mi sono chiesta, se mi riportano “romanzato” un fatto realmente accaduto ecco che tutti i vari riferimenti colti durante il film hanno un filo conduttore.
Senza dubbio non è da condannare il regista che ha reso tangibile quello che solo occhi più esperti possono cogliere fino infondo, per tutti gli altri è solo una bella storia.
Diciamo che nel suo aver realizzato un unico e gran bel film è come se fosse riuscito a realizzarne due; uno per un occhio più “commerciale” e uno per un occhio più esperto. Quantomeno da parte nostra il privilegio è averli visti entrambi.
Direi allora che siamo perfettamente allineate :)